domenica 29 luglio 2012

Azioni vs BOT

Noi pulzelle (ma sono sicura anche più di qualche maschietto) siamo ormai segnate dalla malata tendenza a invischiarsi in relazioni autodistruttive. Alcune lo fanno per tentare di riscattare esperienze familiari disastrate, in realtà replicando quel cliché che facilmente le condannerà a soffrire sempre per le stesse ragioni, ciclicamente; altre, come la maggior parte, forse sono semplicemente vittime di un bombardamento cultural-mediatico che le investe del ruolo di salvatrici dell'umanità. Penso che potremmo indire una class action globale contro gli autori de "La Bella e la Bestia", ad esempio, in cui lei, bella, solare e intelligente, conosce lui, che solo in apparenza è burbero e irascibile, ma nasconde dentro di sè un cuore tutto panna.


Ecco.


Diciamolo.


Questo nella realtà non succede mai, o comunque in non più dell'1% dei casi. Nel rimanente 99% del campione, il cerbero resta tale, e le sorprese sono quasi tutte pessime. Se lui ti cornifica, ti picchia, ti tratta male, non cambierà, se non in peggio. Sappilo. 
E qui calza a pennello la similitudine geniale della mia altrettanto geniale amica Anna, ovvero che arriva un momento in cui si deve scegliere tra azioni e BOT. Le azioni, con i loro saliscendi, le variazioni umorali di ora in ora, ti danno quel frizzino da pericolo sempre imminente, ma si prestano a speculazioni temporanee (se non vuoi rischiare l'infarto) e la volta che ti imbatti in una p
Parmalat ti passa la voglia una volta per tutte.
I BOT invece, sembrano noiosi, coi loro rendimenti fissi, la cedola che arriva alla tal data, ma sono investimenti, roba con cui e su cui costruire un futuro.
E arriva fatalmente un momento in cui ci si rende conto non che non si può, ma che forse non si vuole avere tutto, e che quella sensazione di sollievo al trovare un maschio equilibrato all'altro capo del telefono forse vale la pena di essere assaporata, prima di liquidarla come noia mortale.
A meno che, certo, non siate patite degli sport estremi. Ma in quel caso vi consiglio il paracadutismo: a differenza degli amori sbagliati, se vi va male è sicuramente l'ultima volta sola.

giovedì 12 luglio 2012

Il campo minato

Credo basandosi sul granitico principio che "chi non sa fare, insegna", ci sono amici e conoscenti che si rivolgono a me per confidenze e/o consigli sentimentali. Alcuni di loro sono anche uomini, maschi di specie homo sapiens sapiens (sul secondo sapiens non sono sempre certa al 100%, ma questa è un'altra questione), e ho ravvisato nelle loro vicende un fil rouge che forse potrebbe essere eliminato con una certa facilità, almeno in superficie. Si tratta di una serie di conversazioni fisse, discussioni che iniziano, si dipanano e si risolvono con un copione quasi sempre identico, quasi sempre drammatico. Non è questa la sede per scrivere l'ennesimo, squallido vocabolario del pensiero femminile, che francamente trovo spesso un po' riduttivo e comunque riporta  varie situazioni in cui non è affatto detto che lei pensi effettivamente ciò che viene suggerito dal compendio. E, per come la vedo io, se una regola prevede qualche "dipende" di troppo, va archiviata come inefficace.
Quindi scopo di questo post è suggerire un ventaglio di possibili risposte volte a contenere i danni e possibilmente ad aumentare la quota di sensibilità che la vostra lei vi attribuirà.
Premessa doverosa, in previsione della classica obiezione che viene mossa a questo genere di post: "ma, come, voi donne non volete la sincerità?" Sì, cari uomini, vogliamo la sincerità, ma come non vi fate problemi per "interpretare" la realtà in alcuni ambiti ben precisi (contatti con ex varie, sguardi gettati a passanti discinte, luogo/modalità di permanenza durante l'addio al celibato del vostro amico etc etc) direi che possiamo allargare l'orizzonte delle situazioni in cui la prima cosa che vi viene in mente, forse, non è proprio la risposta migliore. Inoltre, sarebbe bene cominciare a distinguere tra la sincerità e la brutalità, che sono concetti abbastanza distanti, ma pratiche preoccupantemente vicine. 
Detto ciò, passiamo ai fatti.
Alcuni esempi di frasi suicide:
"Mi piaci tantissimo, non sono mai stato un patito delle figone"
"Ti amo quando sei così"
"Ah fai così l'arrosto? Mia mamma ci mette sempre la salvia..."
In questi casi (e simili) ricordate sempre il principio "less is more"!!! Basta frenare alla fine del primo periodo, e le frasi suicide di cui sopra diventano:
"Mi piaci tantissimo"
"Ti amo"
"Ah fai così l'arrosto?"
Cioè assolutamente innocue, se non addirittura utili al raggiungimento di pace e gioia nel rapporto.
"Sì" e "no" sono quasi sempre espressioni innocue, a meno che lei non sia mal disposta, ma in questo caso non avreste comunque scampo.
Infine, la Domanda a cui nessun uomo può rispondere senza trovarsi risucchiato in un vortice di violenza e follia, la Domanda davanti alla quale dovete cercare con tutti voi stessi di cambiare argomento o distrarla, magari simulando un malore piuttosto grave: 


"Caro, mi trovi ingrassata?"







lunedì 9 luglio 2012

A volte ritornano

Ci sono storie che si ripropongono, come i peperoni, a scoppio ritardato, tipicamente quando pensi di cominciare a stare meglio. Vi siete lasciati, è passato del tempo, stai già mezzo flirtando con un tipo apparentemente senza problemi psichiatrici, ed eccolo lì. Il Messaggino. Normalmente il Messaggino ha un testo apparentemente innocuo tipo:
"Ciao Gertrude, volevo sapere come stai. Un bacio, Abelardo".
Allora.
Prima di tutto vi espongo una mia teoria ormai corroborata da decine di verifiche, e cioè che un uomo che chiude un messaggio, una telefonata, una mail, una lettera, un fax, un telegramma con "Un Bacio", forse a livelli variabili di coscenza, ma ce sta a provà. E lo so che ora starete alzando le sopracciglia e pensando "ma no, non è vero, io ho un sacco di amici che mi firmano così, è solo una dimostrazione di affetto". Ecco, a parte rimandarvi al geniale dialogo di "Harry ti presento Sally" che a riguardo ha detto parole definitive, io vorrei che pensaste per un attimo all'espressione "dimostrazione di affetto" per come la intende il maschio medio (tipo lanciarsi in tornei di rutti o riempirsi di insulti gratuiti coinvolgenti anche tutta la linea genetica femminile dell'amico). Quindi occhio, quando trovate l'apostrofo rosa in chiusura a quello che state leggendo/sentendo, siate coscenti di quanto sopra, e agite di conseguenza (magari in certi casi è anche una buona notizia, vedete voi).
Secondo aspetto. Riguardo il "come stai?" di rito, mi sento meno sicura. Mi sono chiesta più volte cosa spinga qualcuno che ha preso il tuo cuore e l'ha messo in un tritacarne a chiedersi, dopo mesi, come tu stia (domanda estremamente intelligente, per altro), ma non trovo grosse logiche. E qui levata di scudi: "ma come, c'è stato l'amore, è normale che mi importi". Beh certo. Immagino che gli importasse anche quando ti ha messo le corna con la amica, quando è sparito il giorno dopo averti mollata, quando si dimenava sul cubo senza maglia tra due gnocche discinte, ovviamente senza peritarsi di documentare il tutto e caricare le foto su facebook, in modo che tutti i vostri amici potessero vedere e commentare.
E questi grandi ritorni in scena avvengono sempre lasciando scosse emotive non indifferenti, per cui si finisce quasi sempre in due-tre amiche a un tavolo a sviscerare le possibili motivazione che avrebbero spinto il primate a ricontattare la sventurata, chiedendosi (la diretta interessata sperando, le amiche dubitando) se l'ominide abbia avuto la folgorazione sulla via di Damasco e abbia capito di aver sbagliato tutto, quando, verosimilmente, tutto è frutto di un fortuito incontro col numero di lei mentre il nostro, seduto sul water, cancellava i vecchi messaggi ricevuti.
Quando sento questo tipo di racconti ho come un sussulto, sento il sangue arrivarmi alla testa e mi rendo conto che potrei dire cattiverie di magnitudo elevatissime, per cui in genere a questo punto della serata ordino il secondo bicchiere di vino.
Ma qui voglio rivolgermi a lui.
Ebbene, caro amico, scrittore di Messaggini solidali fuori tempo massimo, Nobel della letteratura sintetica, sensibile coltivatore di rami secchi, ascolta un umile consiglio: la prossima volta che ti viene l'impulso irresistibile di chiederle come sta, distraiti, fa' altro, concentra il tuo fragile encefalo su attività di maggior valore aggiunto, tipo l'ikebana, la playstation, lo scaciottamento di piedi, il bungee jumping (con o senza elastico, decidi tu).
Grazie.

lunedì 2 luglio 2012

Traviata reloaded

L'altro giorno sono stata a vedere la Traviata, al Comunale di Firenze. Eh, la vecchia Violetta ha sempre il suo fascino, specie perché, considerando il periodo in cui è stata scritta la vicenda, è un personaggio direi moderno e comunque una delle prime DIP (Donne In Paranoia) della Storia. Per carità, via libera al romanticismo (al mio solito, ho pianzottato anche un po'), ma insomma, questa sta in centro a Parigi, in mezzo alle feste e ai vip, t'arriva questo babbasone di Alfredo, che l'ha vista una mezza volta un  anno prima e quella sera se la ritrova davanti (palese approccio da festa che ora è un patetico classico, ma all'epoca evidentemente era l'ultimo ritrovato del settore) e lei, dopo una brevissima crisi di coscienza, molla baracca, baroni e burattini e va a vivere con lui fuori Parigi, per ritrovarsi a tempo record in miseria con mezzi mobili su ebay.
Però loro son felici, c'è l'Ammmore e tutto passa e "dell'universo immemore io vivo quasi in ciel". 
Mmm, bene. 
Eccoti il padre di Alfredo, Giorgio, che va a parlare con Violetta. In una scena tipo "C'è posta per te" della De Filippi, il vecchio Germont racconta la storia della figlia, che si deve sposare ma che rischia di mandare a monte tutto perché lo sposo non si vuole imparentare con una bagascia (la presente Violetta, nella fattispecie), e quindi, bisogna che lei lo molli. Lei prova anche a convincerlo, gli fa presente che, avendo la tisi, non è questione di chissà quanto. Niente. No fuga, no wedding, no party. Tragedia. Lacrime. Pianti. Poi, misteriosamente, accetta. E allora ripianta tutto lì e torna a Parigi (io, che odio i traslochi, già qui mi sarei arenata), non prima di aver accolto Alfredo di ritorno da certe commissioni e avergli giurato amore eterno (una vera genialata, in una situazione simile). Dopo essersi vaporizzata, già sulla strada per la capitale, gli manda l'equivalente di un sms (lettera a mano data a un tizio che passava di là) scrivendo una roba tipo "scusa sai mi son sbagliata, lasciamoci. xxx Vio". Alfredo, come ogni uomo allora oggi e sempre, a questo punto sbrocca. Prende, va a Parigi alla festa dove è sicuro di trovare Violetta (perché la faìna ha lasciato l'invito a casa) e pianta uno di quei casini da uomo uscito da una canzone dei Pooh: comincia a fare l'acido, battutine, a un certo punto al culmine del suo genio, davanti a tutti butta dei soldi addosso a Violetta e proclama che lui "ha pagato" (mossa di una finezza degna di Briatore alla sagra del Cinghiale). Al che la nostra si sente male dalla vergogna, mentre il padre di lui, che ha assistito a tutta la scena, gli fa un cazziatone del tipo "con tutti i soldi che abbiamo speso per farti studiare, mi sei uscito un cafone del genere". Ovviamente anche gli altri invitati alla festa disapprovano, producendosi in un coro da stadio tipo "te ne vai o no te ne vai sì o no". Cambio scena. Violetta è a letto, in camera c'è solo l'immancabile Annina. Arriva il dottore che la rassicura: "Violé, stamo a guarì", poi esce e quando Annina gli chiede come va, risponde "Mah...secondo me non arriva a stasera" ALLA FACCIA! Ho capito evitiamo il trauma, ma insomma, un minimo di senso della misura. Nel frattempo, fuori dalla finestra impazza il carnevale: mentre la nostra eroina agonizza nella tristezza generale, in strada ballano l'equivalente parigino del medley "Brazil", ad alimentare il clima depressivo. 
Al che eccoti Alfredo, finalmente. Il padre, preso da rimorso, gli ha raccontato tutta la storia e ora eccolo qui a chiedere scusa a orecchie basse e sguardo obliquo, mentre il figlio si sbraccia in grandi professioni amorose. E qui diciamo che Verdi si è fatto prendere un po' la mano. Va bene tutto, va bene che Violetta è giudicata da tutti peggio di com'è, va bene essere buone, ma che lei, in punto di morte, dia a lui la sua immaginetta dicendogli che se si sposa con un'altra lei è contenta e che addirittura, se lei sarà gelosa, lo autorizza sin d'ora a buttare il ritratto, beh, mi sembra un po' troppo, caro Beppe! Nessuna donna reagirebbe mai così all'idea che il proprio uomo si rifaccia una vita, nemmeno (anzi, tanto meno!) in punto di morte. Eccoci dunque alla fine. Violetta, dopo un'apparente ripresa, spira tra le braccia di un Alfredo disperato. Fine del dramma, note finali, lacrime, applausi.
Beh, d'altronde la veridicità non è tutto, e un dramma del genere non sarebbe potuto durare tanto, nella realtà. Sì perché, nel mondo reale, la cosa si sarebbe svolta più o meno così.

Scena 1: festa. Alfredo si avvicina a Violetta, che ride civettuola verso un duca, tutta coinvolta dai festeggiamenti VIP. 
"Ciao Violetta, ti ho visto un anno fa e da allora..."
"Che macchina hai?"
"Ma io veramente..."
(voltandosi verso il Duca) "Sì, stavamo dicendo..."
Sipario. Fine. Durata totale, 5 minuti.

domenica 1 luglio 2012

Aria

Sono appena tornata da un viaggio della speranza ai confini della realtà: Milano-Prato su intercity senza aria condizionata. 
Temperatura esterna: 60°C
Temperatura interna: 59,5°C
Composizione dello scompartimento:
-signora cingalese in sari di puro poliestere con una passione per togliersi le scarpe e mettere i piedi sulla bocca dell'aria condizionata
-ragazza cingalese figlia della signora di cui sopra con bambino minuscolo in braccio che per tre quarti del viaggio ha pianto replicando con interpretazione da oscar varie scene da "L'Esorcista"
-Signore anziano che leggeva "il Manifesto"
-Prete ortodosso eritreo che, as usual, mi ha attaccato un pippole infinito sulla storia della sua vita, e sostiene, tra le altre cose, che alla mia età (29 anni da compiere, ndr) sia ormai troppo vecchia per sposarmi e avere figli, e che il terremoto sia in realtà la punizione divina per i matrimoni gay.
Non mi sento di aggiungere altro.
Vado in doccia.