giovedì 28 giugno 2012

C'è posto per te

Oggi ci tocca un argomento spinoso, cioè rapporti umani e tecnologia. Ormai, oltre ai siti "per incontri" (che non so a voi, ma a me mettono ansia, me li immagino pieni di maniaci), esistono varie alternative all'imbrocco live, tutte ampiamente utilizzate da entrambi i sessi. Io mi iscrissi a Facebook nel 2007, spinta da un allora fidanzato super tecnologico. Passata una fase iniziale di pressoché totale ignoranza, mi scatenai nella concessione e l'aggiunta di amicizie: mi sembrava fantastico poter finalmente seguire e aggiornare i miei amici lontani avendo un contatto mail sempre valido (che palle quando cambiate indirizzo, a proposito!), e condividere le foto senza scambiarsi messaggi da decine di mega. Non ricordo esattamente il momento in cui tutto ciò si è trasformato in ciò che è adesso, ovvero una giungla telematica che ricorda molto da vicino il bancone della carne al supermercato. Immagino schiere virtuali di maschi con carrello che passano davanti alle file di ragazze con tanto di etichetta: bionda, magra, single; formosa, mora, intellettuale...e via così, aspettando quella che meglio si confà alla voglia del momento. A seconda della foto di profilo che metto (e non ne metto mai di provocanti), noto che aumentano le richieste di amicizia da perfetti sconosciuti, a cui scatta il mio messaggio "Ci conosciamo?" (tante volte avessi rimosso). Il migliore è stato quello che mi ha risposto "No, non penso, ma nulla ci impedisce di farlo........." (sì, con tutti questi lascivi puntini di sospensione).
Altra fattispecie è quello che in chat è un leone, un incrocio tra Robert Redford e Franco Califano, e poi dal vivo resta lì, muto e dimesso, paralizzato dall'imbarazzo. Magari sarebbe utile rifletterci un po' prima, attivare quella specie di spugna che ti separa le orecchie e pensare che, se mi racconti vita morte e miracoli e ti lanci in mille sottintesi, poi, quando mi incontri, ti senti già un po' sputtanato davanti a una che non conosci. 
Sì, perché, sfatiamo un mito: le persone NON le conosci in chat, per varie ragioni, una su tutte il fatto che siamo anche corpi, non pure essenze intellettive, e un corpo è fatto di forme, colori, movenze, odori.
E se è vero che solo il 7% di quello che diciamo passa dal contenuto, ha davvero senso comunicare in questo modo, cercare di costruire ponti che poi alla fine sono fatti di carta? Non so quanti litri di lacrime io abbia asciugato (un bicchierino anche mie, temo) a causa di "mi sembrava...e invece" legati alla rete, forse perché in fondo ci spaventa accettare che una parte significativa della riuscita di una relazione passi da un'intesa a pelle, incontrollabile e incoercibile, e che in effetti la versione splendida ed epurata (ma plasticosa) di noi e degli altri che abita la rete in realtà non esiste, ma è sicuramente meno interessante di quella piena di difetti e goffaggini che vive nel mondo reale. 
Io, per dirne una, in foto vengo praticamente sempre male, e non tolgo mai i tag.Sono uno dei rarissimi casi in cui, se mi incontraste fuori facebook, probabilmente pensereste "beh, pensavo peggio!". 
Nel caso, ecco, abbiate il garbo di non dirmelo.

mercoledì 20 giugno 2012

Iron man


La mia amica Paola mi chiama, ieri, ridendo. Di primo acchito penso che, finalmente, abbia definito un qualche abbozzo di relazione con il bel tenente dell’aereonautica con cui esce ormai da un paio di mesi. E invece no. Mi dice che si sono sentiti, e che lui (dopo 15 giorni di orari speculari e quindi di assenza reciproca) non poteva vederla, quella sera, perché doveva stirare la divisa.
Ora.
Mi ci sono voluti alcuni minuti per cogliere il significato delle parole appena sentite, e altri al mio cervello elementare per verificare di aver compreso effettivamente il messaggio, le cui parole chiave sono: donna, uomo, aeronautica, stirare.
Che ci sia qualcosa che non va nei rapporti uomo-donna ormai si sa. Il mio cellulare raggiunge talvolta temperature sopra il livello di guardia nel veicolare i reportage sull’inettitudine maschile che le mie amiche realizzano con dovizia di particolari. Non le lamentele classiche da romanzo d’appendice (“Non c’è mai”, "beve", “mi tradisce”, “mi picchia”, “non si lava”), ma una nuova serie di lagnanze, preoccupante in quanto apparentemente poco sane. Mi chiedo infatti che fine abbia fatto il buon vecchio istinto di conservazione della specie, che dette origine a molti proverbi dal carro di buoi in giù, e che poneva la donna (intera o in quota parte) due spanne sopra qualsiasi (e sottolineo qualsiasi) altro interesse. Sì, cari maschietti, sopra la playstation, sopra il campionato, la moto gp, persino sopra il ferro da stiro. Al tempo dell'Antico Testamento, un uomo che si sposasse era esentato per un anno dal servizio militare: non poteva andare in guerra perché doveva far contenta la moglie. E' vero che gli Ebrei non sono mai stati la potenza militare del Mediterraneo, ma insomma è indicativo di un certo ordine di priorità.
E allora, ampliando un po' la visione sul fenomeno e creando uno dei miei soliti arditissimi collegamenti, magari questo apparente calo di interesse può avere a che fare con una maggiore disponibilità dell'oggetto del desiderio: ovunque ci si volti si trovano immagini di donne nude o quasi, e i locali traboccano di ventenni allegre e trentenni in famelica ricerca del "pollo" che danzi al ritmo del proprio orologio biologico, possibilmente prima che giunga la data di scadenza. Mettiamoci anche che ormai ci si aspetta che ogni donna sia la versione sexy di wonder woman (bella, magra, soda, laureata, lavoro fisso, indipendente sotto tutti i punti di vista, madre, tutto entro i 35 anni), relegando il maschio a poco più che un fuco, che espleti il senso della propria esistenza nel giro dei minuti necessari al/ai concepimento/i e forse si spiega questo tragico passo indietro. Chissà se in futuro noi donne ci trasformeremo gradualmente in ermafroditi, totalmente autosufficienti, e allora davvero l'uomo dovrà trovarsi un ruolo che gli permetta di non estinguersi.
Magari la colf.

lunedì 11 giugno 2012

Hair

Allora, ho capito. 
Uomini, vi lancio un messaggio una volta per tutte: ho capito che secondo voi stavo meglio con i capelli lunghi. Ho capito che i boccoli vi incantano, le onde vi ipnotizzano, sospetto per un vago richiamo al momento romanzato e atavico in cui sciogliete le nostre chiome e ciocche fluenti piovono ovunque, preludio di altri ben meno stilnovisti piaceri. E questo indipendentemente dal fatto che una possa avere un capello crespo-mezzo-liscio-mezzo-mosso tipo il mio, che non regge una piega manco a piangere e che lungo ricorda vagamente una cascata di bietole al vapore.
Però, c'è un però. 
Io mi piaccio di più così. Da quando ho tagliato la chioma, il mondo delle mie conoscenze s'è spaccato nettamente in due: da una parte le donne, i gay e pochissimi maschi illuminati, che inneggiano un "mannaggia dovevi farlo prima!" con toni da Hallelujiah di Handel, dall'altra quasi tutti gli uomini che conosco che mi guardano come se mi fossi schizzata l'acido muriatico in faccia, e che quando mi infichetto per un meeting importante al lavoro mi dedicano commenti tipo "complimenti...però...peccato...".
Diciamo che si tratta di una pressione psicologica importante, che ti mette di fronte a una scelta: assecondare il tuo senso estetico (e quello nettamente superiore delle tue simili e degli uomini del lato oscuro della luna) oppure andare incontro alle preferenze di mercato, rendendoti più appetibile a quello che dovrebbe essere il tuo "target"? In realtà questa domanda all'apparenza scontata cela un dilemma tutt'altro che immediato, che si allarga fino ad abbracciare tutta la nostra esistenza, continuamente lacerata nella scelta tra seguire i nostri gusti, valori e decisioni o lasciarsi condizionare dalla massa per sentirsi accolti, e quindi meno soli.
Ma non dimentichiamoci che tutto ha un prezzo, come cantava Carmen Consoli ne "l'eccezione" (anche lei un'altra che ha tagliato tutta la cofana), e che, alla fine, nel profondo di noi, dobbiamo rendere conto solo a noi stessi e a Qualcun altro, che peraltro è follemente innamorato di noi, qualsiasi lunghezza abbiano i nostri capel

sabato 9 giugno 2012

Ken T.V.B.

Nel mio coma da sabato mattina, con tazza di latte in mano e maglietta di radio DJ ormai lisa, stavo guardando i cartoni su italia 1 quando è partita la pubblicità. In mezzo a macchinine e bambolette varie spunta lui, Ken T.V.B., e il mio cervello improvvisamente si allerta. C'è il solito babbasone dell'eterno fidanzato di Barbie, forse giusto attualizzato con un ciuffo biondo molto primi anni 90. La voce in sottofondo dice entusiasta, che Ken T.V.B. è il fidanzato perfetto!!! E questo perché sulla schiena ha un bottone per registrare la tua voce e uno per riprodurre quello che dici con voce maschile. Quindi la sua perfezione sta nel dirti esattamente quello che vuoi sentire. 
Ora io mi chiedo. Posto che non sono una pedagoga e che di bambini ne so molto poco, che tipo di concetto/idea di uomo passa alle donne di domani? E' così vero che il fidanzato perfetto è quello che ti dice quello che vuoi tu? 
Ogni volta che entro in questioni vagamente qualunquiste su uomini e donne mi sento un po' in colpa, perché in fondo mi scoccia generalizzare e perché mi torna in mente la Genesi: "a sua immagine li creò, maschio e femmina li creò"; ognuno ha la sua specificità di singolo, ma anche di genere. E la specificità arricchisce, ma a volte divide, e rende necessaria la fatica di uscire da se stessi per incontrare un altro che abbia le sue opinioni, il suo modo di pensare e di reagire, che a volte sembri avere la sensibilità dello scarico del lavello e la capacità comunicativa di un cactus. Senza aspettarsi di trovargli un bottone sulla schiena che risolva tutto.

sabato 2 giugno 2012

"A cosa stai pensando?"

C'è una domanda che quasi sempre trasforma una situazione domestica tranquilla in una specie di Pearl Harbor. 
Lui e lei sul divano. 
Lei si volta e chiede "A cosa stai pensando?". 
Lui risponde "a niente". 
"Non è possibile pensare a niente" replica lei. 
E da lì parte la tragedia.

Ora. 
L'intenzione di questo post è mediare tra le parti, quindi mi rivolgerò separatamente alle due categorie coinvolte.
Donne: l'uomo è diverso da voi. Lui riesce a non pensare, a volte. So che è difficile capirlo, io stessa accetto questa realtà solo per fiducia nei carissimi amici che me l'hanno rivelata, ma credeteci, quando lui dice "niente", è NIENTE! Nada, nix, zero, null. Vuoto pneumatico. Elettroencefalogramma piatto. Vanno in stand by come il laptop quando lo chiudi senza spegnerlo. Son fatti così.
Uomini: la donna è diversa da voi. Lei NON riesce a non pensare. Lei pensa SEMPRE a qualcosa. Alla spesa, al lavoro, alle amicizie, alle cose da fare, le persone da chiamare, a se stessa, alle proprie emozioni o all'interpretazione delle vostre, alla situazione geopolitica mondiale, alle balene in via d'estinzione, agli orari di apertura dell'outlet, al bollettino per la mensa dei bambini, al piumone da ritirare in tintoria e via dicendo. Ciò significa che "niente" non è una risposta che ella può concepire alla domanda in questione.
Quindi? Io avrei una proposta. 
La prossima volta che lei, voltandosi, vi chiederà angelica "a cosa stai pensando?" voi rispondete semplicemente "a te".
Semplice.
Veloce.
Chirurgico.
Con ogni probabilità lei sorriderà, e, in silenzio, ricomincerà a pensare.
A voi.